Bancarotta fraudolenta: cos’è, pena e prescrizioni [2025]
- Avv. Giulio Cristofori
- 20 gen
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 14 apr
Quando parliamo di bancarotta fraudolenta, indichiamo un reato economico grave che tende a colpire l’integrità del sistema finanziario e commerciale. La fattispecie di reato si integra nel momento in cui un imprenditore o un soggetto giuridico, in stato di insolvenza, adotta comportamenti illeciti al fine di frodare i creditori, impedendo di soddisfare regolarmente i debiti.
Io sono l’Avv. Giulio Cristofori. Da 10 anni sono specializzato nel Diritto Penale d’Impresa. Mi occupo di consulenze legali, assistenza giudiziaria e di formazione.
In questo articolo vediamo insieme le caratteristiche fondamentali del reato di bancarotta fraudolenta, le sanzioni previste dal nostro ordinamento giuridico e gli ultimi aggiornamenti.
Indice dei contenuti
Cosa si intende per bancarotta fraudolenta? Che differenza c'è tra bancarotta e bancarotta fraudolenta?
La bancarotta fraudolenta si distingue da quella semplice principalmente per l'intenzione dolosa che la caratterizza. Se, da un lato, la bancarotta semplice può derivare da errori, negligenza o cattiva gestione, la bancarotta fraudolenta avviene quando l’imprenditore, consapevole della sua difficoltà finanziaria, agisce volontariamente al fine di peggiorare la situazione patrimoniale dell’azienda in modo da impedire ai creditori di recuperare quanto loro dovuto.
In sostanza, chi commette bancarotta fraudolenta non agisce per disattenzione, ma con la volontà precisa (dolo) di rendere impossibile il recupero dei debiti, ostacolando i creditori in modo intenzionale.
Nel nostro ordinamento la bancarotta fraudolenta è regolata dall'art. 216 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, mentre la bancarotta semplice trova la sua disciplina nell'art. 217 del suddetto codice.
Ipotesi di Bancarotta fraudolenta
La giurisprudenza distingue due ipotesi di bancarotta:
Bancarotta fraudolenta propria: è l'imprenditore stesso a compiere azioni fraudolente direttamente per danneggiare i creditori;
Bancarotta fraudolenta impropria: sono soggetti esterni all’impresa (come ad esempio amministratori, liquidatori o gestori) che si uniscono all’imprenditore nell’eludere la legge e frodare i creditori.
In entrambe le ipotesi, l’elemento comune è l'intento di danneggiare i creditori con azioni consapevoli e mirate a rendere il recupero dei crediti impossibile.
Per quanto riguarda la bancarotta fraudolenta, può manifestarsi in diverse modalità:
Patrimoniale: quando l’imprenditore mette in atto azioni che vanno a danneggiare in modo diretto il suo patrimonio (come la distrazione, l’occultamento, la dissimulazione, la distruzione o la dissipazione dei beni aziendali). Tutte queste condotte hanno come obiettivo quello di sottrarre valore al patrimonio, impedendo ai creditori di ottenere quanto loro dovuto;
Documentale: riguarda le azioni che alterano i documenti contabili e le scritture aziendali, in modo da nascondere o falsificare la reale situazione patrimoniale dell’impresa. Questi comportamenti (come la sottrazione o la falsificazione dei libri contabili), sono finalizzati a ottenere un illecito vantaggio o a nascondere i beni dell’impresa;
Preferenziale: si manifesta quando l’imprenditore, con il fine di favorire un creditore rispetto agli altri, compie atti che creano un ingiustificato vantaggio per quest’ultimo, danneggiando così gli altri creditori e violando i principi di pari trattamento.
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Bancarotta fraudolenta: pena
Ai sensi dell’art. 216 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, si prevede la pena della reclusione da 3 a 10 anni per la bancarotta patrimoniale e per la bancarotta documentale. Invece, per la bancarotta preferenziale si applica la pena della reclusione da 1 a 5 anni.
Inoltre, la condanna per uno dei fatti previsti dall’art. 216 comporta l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per 10 anni.
Tipologia | Pena prevista |
Bancarotta fraudolenta documentale | da 3 a 10 anni |
Bancarotta fraudolenta patrimoniale | da 3 a 10 anni |
Bancarotta fraudolenta preferenziale | da 1 a 5 anni |
Prescrizione del reato di bancarotta fraudolenta
L’art. 157 del codice penale disciplina la prescrizione dei reati, che prevede: “La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.
Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante.
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.
La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato.”
Per il reato di bancarotta fraudolenta, il termine di prescrizione previsto è di 10 anni e decorre dal momento in cui viene dichiarata la sentenza di fallimento (Cass. pen. Sez. V, 11/05/2017, n. 45288). Per la bancarotta preferenziale il termine di prescrizione è ridotto a 6 anni.
Corte di Cassazione, sentenza n. 41536 / 2024
Con la sentenza n. 41536 della Quinta sezione penale, la Corte di Cassazione ha stabilito che le somme versate dai soci per un futuro aumento di capitale restano vincolate al patrimonio della società fino al verificarsi dell’effettivo aumento. La restituzione di tali somme, prima che l’aumento di capitale sia realizzato o che siano trascorsi i termini stabiliti, può costituire un atto di bancarotta fraudolenta, in quanto comporta un impoverimento ingiustificato della società, pregiudicando i diritti dei creditori.
La Corte ha poi sottolineato che i versamenti dei soci, se non sono ancora stati utilizzati per l’aumento di capitale, devono essere trattati come capitale di rischio e non possono essere restituiti liberamente dall’amministratore, in quanto ciò potrebbe creare una liquidità apparente, dannosa per i creditori.
Inoltre, ha ribadito che, se non è stato fissato un termine per l’operazione, le somme devono rimanere vincolate alla copertura dell’aumento di capitale, evitando usi elusivi del patrimonio sociale.
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